Questo posto è una nazione in cui nessuno ha bisogno di lavorare. Lo sviluppo tecnologico è tale da rendere possibile produrre cibo e vestiti ad un prezzo bassissimo. Sono inoltre diffusi certi edifici costruiti in serie che garantiscono a tutti i cittadini un’abitazione minimale. Istruzione e sanità sono accessibili a tutta la popolazione – entro certi limiti. Lo stato garantisce la sussistenza. Va però detto che qualità di cibo, vestiti e alloggio è piuttosto scadente. Le pietanze fornite sono agglomerati sintetici di proteine, vitamine e carboidrati, ricostruiti in forma di pane, carne e verdure, ma il sapore è sempre lo stesso, piuttosto neutro. I vestiti, da nuovi, mostrano colori sgargianti al limite del fluorescente, ma lavandoli perdono la brillantezza e tendono al beige slavato – non è chiaro se per colpa del tessuto o del detersivo piuttosto aggressivo fornito dalle lavanderie di stato. Le abitazioni sono ripetitive e un po’ soffocanti. Il risultato non è un incubo claustrofobico, ma una grigia monotonia. Ma a dire il vero un po’ tutto qui è grigio e monotono. O almeno, tutto quello fornito dallo Stato. L’espressione usata è: default. Se non mangi altro che gli agglomerati mangi default, se vivi nelle case dello Stato vivi default, se ti vesti con i vestiti dello Stato sei vestito default.
È comunque sorprendente che un’ampia maggioranza della popolazione, per quanto insoddisfatta, non faccia nulla per migliorare le proprie condizioni di vita. E per quanto le spese di produzione possano essere basse, c’è comunque bisogna di un minimo di manodopera. Da una rapida analisi deduco che il sistema risulta sostenibile dal punto di vista economico solo tassando le attività di chi opera al di fuori del default. Con il ricavato lo stato garantisce i servizi. In principio, ho ritenuto che lo stato si basasse su un equilibrio difficile da mantenere – basterebbe una generazione di gente particolarmente pigra, o anche solo un decennio sfortunato, e l’intera economia crollerebbe. Ho avuto però occasione di parlare con Federgario Bientonigi, ministro delle attività produttive di questo posto, che mi spiegato le ragioni della loro stabilità. Trascrivo verbatim:
[FB] Vede, mio caro… uhm…
[Espl.1458] Thunderwizard Totalpunch.
[FB] Vede, mio caro Thunderwizard Totalpunch, lei mi chiede della stabilità, ma ne conosce la definizione formale?
[Espl.1458] Per stabilità si intende la proprietà di-
[FB] Taccia, taccia, che si vede che non è del mestiere. Ce lo dico io. Una biglia in una tazza, ha presente vero?
[Espl.1458] Una biglia?
[FB] Una tazza, esattamente. Una biglia in una tazza è stabile, e come tutti i sistemi stabili, se lei la prende e ci dà una schicchera col dito la biglia gira, rotola, fa su e giù, ma alla fine torna in fondo. È questa la stabilità. Lei ci dà le schicchere, per un po’ le cose ballano, ma poi tornano come prima. Capisce, sì?
[Espl.1458] Grossomodo.
[FB] Eh, si vede che voi forestieri siete lenti. Se ha capito, dica un po’, cosa sono le due robe che ci servono al sistema qui, per essere stabile?
[Espl.1458] Servono… uhm…
[FB] Essù, ci provi!
[Espl.1458] Le pareti, per contenere, e la forza di gravità, per spingere giù.
[FB] Bravo! Lo vede che con un piccolo aiuto. E adesso faccia un altro bel passettino: la nostra società, che lei tanto ammira-
[Espl.1458] Ma veramente non ho mai detto-
[FB] – e giustamente, che fa bene a farsela piacere – la nostra società è stabile. Mi dica lei perché? Cos’è la gravità? E le pareti?
[Espl.1458] La gravità… uhm… è una spinta, costante. Immagino che sia legata allo stato della popolazione. Una spinta a migliorare, forse?
[FB] Stiamo andando nella direzione giusta. Ci faccio una domanda, senta. Lei ha visto, possiamo manipolare le molecole come mattoncini, costruire e assemblare senza troppo sforzo e senza troppo costo. Secondo lei è così difficile produrre una buona bistecca? O un pigmento che resista ai lavaggi?
[Espl.1458] Immagino di no.
[FB] E lo capisce, perché non lo facciamo?
[Espl.1458] Per tenere i cittadini in uno stato di insoddisfazione? In modo da suscitare una spinta all’iniziativa e al miglioramento?
<Qui il ministro Bientonigi scoppia in una fragorosa risata>
[FB] Ahahhaahahhaah! No.
[Espl.1458] No?
[FB] No, nemmeno un pochetto.
[Espl.1458] Sicuro?
[FB] Sì. E le dico di più. Ci abbiamo provato. Ci sono ancora i documenti, da qualche parte. Ma no. Un po’, forse, quando diamo loro da mangiare proprio proprio delle schifezze. Ma non basta, neanche lontanamente. Se io mangio schifezze, il mio vicino mangia schifezze, mio padre, mia madre, la mia donna e i miei figli mangiano schifezze, ecco, la schifezza diventa la normalità. Serve uno sforzo di fantasia eccezionale per immaginare altro. Ci abbiamo provato, ma quello non basta. Ogni tanto nasce qualche sognatore, qualche cittadino strambo in grado di prendere l’iniziativa, costruire, fare. Ma è troppo poco e troppo raro. Non basta a tenere in piedi uno stato.
[Espl.1458] E quindi quale motore avete trovato? Qual è la vostra forza di gravità, forte e affidabile, che permette di pianificare la sussistenza delle masse?
[FB] Non ci arriva proprio?
[Espl.1458] Me lo dica lei.
[FB] L’invidia. È l’invidia a muovere le masse, è l’invidia a far desiderare un pasto migliore. Non per sé, o per i propri figli, ma per il vicino, quel cretino che non si merita l’aria che respira e che invece, guardalo, mangia vere verdure una o addirittura due volte la settimana. È l’invidia che fa desiderare un vestito bello, morbido e colorato. È l’invidia che muove il popolo.
[Espl.1458] Ma non è possibile! Una volta ottenuto una condizione migliore l’invidia si sazia.
[FB] E no, bello mio. Basta staccarsi dal default, basta giocare al gioco del misurarsi e subito si finisce in una bella spirale di produttività e competizione. Quando un cittadino ottiene qualcosa – qualunque cosa, una giacca su misura, una finestra in più, un barattolo di maionese – succedono due robe straordinarie. E succedono sempre, badi. Come prima cosa, il cittadino guarda naturalmente verso l’alto. Qualcun’altro possiede qualcos’altro, di meglio e di maggior pregio, e l’invidia è salva. Come secondo passo, il cittadino guarda in basso, vigila costantemente su amici, parenti e vicini, che vuole stare sicuro di essere l’unico ad averci la suddetta giacca, finestra o maionese. Quando scopre che no, non è l’unico, perché per qualche accidente qualcun altro ha ottenuto le sue stesse robe, ecco che il privilegio non è più un privilegio, perde gusto, si sgonfia. Il cittadino invidioso deve avere molti concittadini sotto di sè, più poveri e peggio equipaggiati. È l’unico modo per placare la sua sete di supremazia, e farà di tutto per mantenere il suo status. Queste due spinte, simmetriche e complementari, fanno in modo che il cittadino produttivo non smetta di essere tale, ma anzi impieghi sempre più energie per averci migliori giacche, migliori finestre, migliori maionesi. È importante.
[Espl.1458] È terribile.
[FB] È naturale.
[Espl.1458] State sfruttando le debolezze dei vostri cittadini.
[FB] Per garantire pace, stabilità, e armonia. Sì.
[Espl.1458] Ma nessuno se ne è mai accorto?
[FB] Sì, certo, sempre. Lì ha sentiti anche lei: “I soldi non danno la felicità” “È quello che è dentro che conta” “Trova la bellezza nelle piccole cose”. Fricchettoni inconcludenti, stia a sentire me, solo fricchettoni inconcludenti.
[Espl.1458] Non so se mi ha convinto.
[FB] Ma ovviamente! Ma ovviamente! Non l’ho convinta perché lei si vede, è una crapa fina. Ma questa è solo metà della madaglia. La forza, la gravità, l’abbiamo capita. Adesso ci manca l’altra roba. La tazza. Le pareti. Quello che non ci fa uscire la biglia, parlando per metafore.
[Espl.1458] A questo punto non so cosa aspettarmi. Immagino mi dirà che usate le anime compresse dei neonati come carburante per le vostre industrie.
[FB] Lei mi sta proprio simpatico, sa? Simpaticissimo. Mi stia a sentire a me, che ci faccio vedere un segreto. Guardi. Questo
<qui apre un cassetto, tira fuori una pallina gialla, lievemente gommosa, grande quanto l’unghia di un pollice>
[FB] Questo è cibo. Condensato, concentrato, compresso, può immaginare. Non si può mangiare in questo stato. Velenosissimo. Va diluito, gonfiato e decompresso. Sa quanti pasti si possono ricavare da questa pallina?
[Espl.1458] Non saprei.
[FB] Dica, dica.
[Espl.1458] Cinque?
[FB] Quattromila. Ci dò un momento per digerire la notizia. Immagini. Quattromila invitati a pranzo. O un solo cittadino, per quattromila giorni, che poi sono quasi undici anni. Capisce?
[Espl.1458] Sì, capisco che siete molto bravi a comprimere il cibo.
[FB] Sa quanto ci costa fare questa pallina? Con i macchinari che abbiamo? Con la stampa che abbiamo, i pannelli solari, le microalghe e tutto quanto?
[Espl.1458] Molto?
[FB] Meno.
[Espl.1458] Poco?
[FB] Meno ancora.
[Espl.1458] Pochissimo?
[FB] Zero!
[Espl.1458] Non è possibile!
[FB] Sì. Ci sono i costi dei macchinari, il sistema va manutenuto, ma una volta in piedi, non costa niente. Ed è normale, è normalissimo. Il pianeta è un sistema chiuso, come una cappelliera. Riceviamo energia – tantissima, gratis – dal sole. Sempre. Costantemente. Basta farci qualcosa con questa energia, non ci sembra?
[Espl.1458] Ma se avete questa capacità, se avete tutta questa tecnologia, questa economia, perché tenete i cittadini nella miseria?
[FB] Ma mio caro Thunderwizard Totalpunch, lei non mi sta a sentire. Sono le pareti. Le pareti della tazza devono essere alte, altissime, quasi infinite. Mantenendo le cose così possiamo affrontare anni, decenni di improduttività. I magazzini sono pieni, il tetto è solido, non temiamo tempesta. Il cibo non sa di tanto, lo capisco, ma vuole mettere i vantaggi?
[Espl.1458] Da quanto tempo va avanti questo sistema?
[FB] Da sempre. Da prima dei miei nonni. Una volta raggiunta la stabilità si perde di interesse nella storia, dato che gli anni, benedetti, diventano tutti uguali, capirà. Io poi mi sono occupato d’altro.
[Espl.1458] E le rivolte? Ci saranno delle rivolte, ogni tanto.
[FB] Chi vuole fare è spinto gentilmente verso la produttività. Chi vuole fare danni è spinto gentilmente giù da una finestra.
[Espl.1458] E lei? Lei è grassissimo. Perché?
[FB] Ho le ossa grandi.
[Espl.1458] Mi tolga una curiosità. Lei, signor ministro, mangia default?
<qui il ministro Bientonigi mi sorride, mi stringe la mano e si congeda, porgendo educatamente i saluti all’Impero>
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