Questo posto è caldo, e con il caldo arrivano gli insetti. Arrivano a sciami, d’improvviso, seguendo il gradiente della temperatura. L’orizzonte si scurisce e quello è il segnale: bisogna scappare, trovare rifugio, rintanarsi sottoterra o dentro gli armadi o in qualunque contenitore a tenuta stagna. Poi arrivano a milioni, e mordono e friniscono e la luce del sole rimbalza sui carapaci cangianti e il rumore è insopportabile. Lo sentono, gli insetti, dove ti sei nascosto, e provano a venire a prenderti, grattano sulle porte e rosicchiano le coperture, sarà meglio che le tue barriere siano ben solide, sarà meglio non aver lasciato neanche uno spiraglio. Se ti prendono, ti mangiano. Ti staccano la pelle con tanti piccoli morsi, ti si infilano nella maglia e nelle scarpe, ti vanno su per il naso e li senti comparire nel retro della tua gola, sulla lingua, e andare giù e continuare a mordere e strappare. Non è una bella esperienza, dicono. Pare che lo dicano a ragion veduta, peraltro, perché molti sopravvivono. Altrettanti muoiono, sì, ma molti vengono ritrovati, in pessime condizioni.
Lemura gestisce un ospizio sotterraneo per le vittime degli insetti. Gli spazi sono quelli che sono, e i pazienti meno bisognosi sono spinti a provare a ricominciare una vita, fare qualcosa nel mondo, anche solo chiedere la carità. Gli insetti, quando sono letali, di solito lo sono per soffocamento. Una massa brulicante di artropodi che ti riempie i polmoni e non ti dà requie. “O quello, o magari ti spaccano un po’ troppi vasi sanguigni e anneghi nel tuo stesso sangue. Non è un bel morire, ovviamente, ma…” la giovane dottoressa si guarda attorno, sconsolata. La seguo nel suo giro mattutino, aiuta come può i pazienti, ma le si leggono in faccia frustrazione e impotenza. “Il danno più esteso avviene alle parti esposte, ovviamente. Gli insetti asportano circa mezzo centimetro di pelle al minuto. L’epidermide finisce quasi subito, e poi si passa alle parti interessanti: derma, tessuto connettivo, muscoli. È dolorosissimo, e quando finisce di fare male vuol dire che sono andati davvero in profondità, in parti che non sono innervate, e allora è la fine. Ma le parti davvero pericolose sono gli orifizi. Tutti quanti. Posso mostrarle gli effetti sugli apparati genitali, se è in cerca di emozioni forti.” Declino gentilmente, e le chiedo qualcosa sull’origine di questa piaga.
“È cambiato il clima. L’intero continente è soggetto ad ondate di calore, che lo percorrono in tutta la sua lunghezza, per centinaia di chilometri. Il cambio di temperatura è troppo forte per gli insetti, che ne muoiono – badi bene, non è un bel vivere neanche per noi, ma qui credo che si senta bene la differenza tra avere o non avere un’omeostasi efficiente. Per un essere umano l’onda di calore è una scocciatura, può portare qualche malessere, ma non ci sono grandi conseguenze. Per gli insetti è letale. E allora migrano. Cavalcano l’onda, e quando la temperatura inizia a salire vanno verso il fresco. Come una valanga, si forma lo sciame, raccogliendo per chilometri milioni e milioni di insetti. Ci si mette anche il vento, peraltro: la differenza di temperatura crea delle correnti che permettono agli insetti di coprire grandissime distanze, non devono neanche sbattere le ali. E quando arrivano si infilano dappertutto, affamati e disperatamente alla ricerca di riparo. E fanno i danni che fanno.”
Incrocio lo sguardo con uno dei pazienti. Ha solo un occhio, e mezza faccia gli è stata come limata: sembra il bozzetto non finito di uno scultore che, dopo un buon inizio, ha perso l’ispirazione. La pelle del corpo è molto tesa e coperta da un’infinità di piccoli rilievi. Non mi parla, e io non ho nulla da dirgli. Sono molto felice di non essere costretto a vivere qui.
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