Faccio un bel respiro e mi butto dal balcone. Ho gli occhi chiusi e sento le budella accelerare in su, verso il cielo, mentre io precipito veloce e passo i piani, il quarto, casa di Elisabetta-la-perfetta, il terzo, la famiglia Bottiglioni, il secondo, vuoto, forse pieno di merce rubata, il primo, casa di Paolo e Francesca, che fa ridere per i nomi ma poi in realtà si odiano, la sera, piano terra, l’orologiaio che sta per fallire, l’asfalto, il primo piano interrato, le cantine, più giù, le fondamenta del palazzo, poi più giù, ancora. Sotto.
È così che sogno. Non c’è mai la fine, lo splat. Al massimo mi sveglio, più spesso proseguo, immateriale, irrazionale, accelerando in linea retta, mi trasformo in fotone, o forse: in neutrino, sono una particella effimera, non interagisco con nulla, quasi con nulla, vado. Ciao.