Detesto chi corre in autostrada e odio chi non rispetta i limiti di velocità. È una cosa di pancia, irresistibile, che mi fa schiumare la bocca. Per anni l’ho evitata, l’autostrada, proprio per non veder sfrecciare certi proiettili, letali, folli, vicinissimi nella corsia a fianco. Ma non si può sempre scappare. Ho cambiato atteggiamento. Ora impartisco lezioni.
Il mio metodo è molto semplice e molto efficace Quando posso, quando ho del tempo, prendo la mia BMW serie 4 coupe, faccio il pieno e cerco qualcuno a cui rovinare la giornata. Se non vi intendete di motori, la mia macchina è: blu, tonda, molto veloce. Il modello base, da listino, può raggiungere i duecentocinquanta chilometri all’ora. La mia fa un po’ di più. È una macchina agile, che è importante per la storia: ha una ripresa straordinaria. Ripresa vuol dire che quando voglio posso accelerare molto, da zero a cento in meno di cinque secondi. Una bomba. E perfettamente legale: i limiti stanno sulla velocità, non sull’accelerazione.
Quando ho voglia di insegnare una lezione a qualche pollo faccio il pieno, vado in autostrada e metto all’opera il mio trucco fantastico, facilissimo, successo garantito: mi piazzo sulla corsia dei veicoli veloci e rispetto i limiti. Li rispetto perfettamente, fastidiosamente. Dove si può andare ai centotrenta vado ai centoventinove. Dove ai centodieci, vado ai centonove. Tempo cinque minuti e trovo un pollo.
Il pollo si crede nostro signore di stocazzo e di solito ha una buona macchina. Non buona come la mia, ma una buona macchina. E con questa buona macchina vorrebbe andare veloce. Almeno a centocinquanta. Anche di più. Arriva, lo vedo da lontano che si avvicina, fa qualche sorpasso, si fa sempre più grande nello specchietto, mi sta sotto. Cominciamo a giocare.
La mossa di apertura del pollo, di solito, è un cauto disorientamento. Riconosce la mia macchina, sa che potrei andare molto, molto più veloce di così, e però non ci sto andando. Quindi, ragiona il pollo, ci deve essere un motivo, un qualcosa che blocca questo guidatore di bolidi, questo tizio che è come me, che apprezzo la velocità. Lo vedo nello specchietto, che si guarda attorno perplesso, cerca un’auto della polizia, un trasporto eccezionale, qualcosa che mi sta rallentando. Ovviamente non lo trova e prima o poi capisce che non c’è davvero motivo di andare così piano. A questo punto di solito il pollo sbuffa con superiorità e decide che non ha altro tempo da perdere, lui che ha fretta di arrivare. Cambia corsia, si sposta a destra e mi supera. Non si potrebbe, eh, che bisogna superare solo sulla sinistra. Ma tanto il pollo è un malfattore, cosa ti aspetti? Comunque, il pollo mi sorpassa, magari quando le macchine sono allineate coglie occasione per lanciarmi un’occhiataccia. Io guardo la strada, lo ignoro, tengo le mani sulle dieci e dieci. Lui passa, va avanti, pensa che sia finita. Ma non è finita. Proprio per niente.
Adesso entra in gioco la mia macchina che, come ho già detto, è piuttosto veloce. Accelero e supero il pollo senza problemi, poi mi piazzo di nuovo davanti a lui e di nuovo rallento. Centoventinove all’ora. Anche centoventotto. A questo punto di solito il pollo si incazza. Nello specchietto vedo certe facce contratte, grugni gonfi di bile e ipertensione. Uno spasso. Io allora mi faccio vedere, gli faccio capire che lo sto guardando, così si incazza ancora di più, gesticola, si sbraccia. Tutto in silenzio, a distanza, ma me le posso immaginare le parole, gli insulti, le minacce. E poi?
Qui si i polli si separano, emergono le differenze. Gli studenti migliori, quelli che capiscono subito il messaggio, accettano il loro destino. Per il viaggio di oggi dovranno rispettare i limiti. Ma questi sono la minoranza, di solito non basta un giro. Però io sono lì, che ribatto colpo su colpo. Se mi superano li riprendo. Una, due, tre volte, mentre la rabbia li gonfia come palloni. Qualcuno cerca di tagliarmi la strada, di non farsi superare. Ma diciamoci la verità: non possono farci molto. Se voglio superarli trovo il modo di farlo, anche a costo di superare i limiti, anche a costo di passarli a destra. È una guerra che vinco. E mentre lo faccio, non li degno di uno sguardo. Cioè, li osservo, e faccio in modo che loro mi vedano, che sappiano: sono consapevole, so cosa sta succedendo. Ma non li guardo. Non come miei pari. Non c’è mai un contatto umano da parte mia. Divertentissimo.
Prima o poi, arriva la disperazione. Succede prima alle femmine, di solito. Qualche lacrimuccia, la faccia cerulea, la macchina che rallenta, si ferma in una piazzola, in autogrill, anche in corsia d’emergenza. Ho visto gente singhiozzare. Esseri umani, adulti, magari importanti dirigenti, capifamiglia, professionisti, che scoppiano in lacrime tenendo il volante con mani molli. Qualcuno sbanda, prima o poi qualcuno farà un incidente. Pensaci. Uomini e donne disperati perché qualcuno li forza a rispettare i limiti. Perché oggi non hanno potuto correre troppo. Si tengono la testa tra le mani, ondeggiando, e posso quasi sentirli, no, no, no, si ripetono. Vuol dire che hanno imparato. La lezione è passata.