Un giorno, senza troppo clamore, il Diavolo ha aperto un centro massaggi in corso Umberto, nel cuore della mia città. Le vetrine hanno quella grande pannellatura adesiva, dentro non si vede niente, fuori ci sono immagini di ragazze distese su lettini, mani anonime massaggiano loro il collo, le scapole, le spalle. Le ragazze hanno la pelle chiara e un lieve sorriso. Tutti gli abitanti della mia città l’hanno visto – per forza, sta in centro. Tutti hanno visto il centro massaggi, tutti sanno cosa succede davvero, cosa c’è dentro, ma tutti fanno finta di niente. La più splendida astuzia del demonio sta nel convincervi della sua inesistenza, dice il poeta. Io dico: basta. Io, oggi, sconfiggerò questo male.
Lavoro su una timeline strettissima. Ore 14.30 messa speciale di purificazione, prenotata da giorni dietro compenso di Euro 25 dati direttamente a don Gianni, in sacrestia. Ore 15.15 sacramento della penitenza per dare un’ultima, ultimissima pulizia e presentarmi alla battaglia con la più candida delle anime. Ore 15.40 acquisto per Euro 16 di due bottigliette in plastica (riciclabile) a forma di Nostra Signora di Lourdes contenenti acqua benedetta. Ore 15.55: arrivo in corso Umberto. Sono davanti al centro massaggi. Sono pronto. Il piano è semplice. Entro e inizio a benedire tutto. Oggi il Diavolo cadrà. Vado.
Sala d’ingresso arredata con mobilio pacchiano, misto. C’è una signora di una certa età dietro il bancone, alza gli occhi, mi sorride, esce dal bancone, mi chiede se sono nuovo. Traffico con la mano in tasca, cerco di svitare il tappo-testa-di-madonna senza dare nell’occhio. Do nell’occhio. La signora ride e dice di lasciare un po’ di lavoro alle ragazze. Io non la capisco e faccio un pasticcio, la plastica si spacca, una grossa macchia scura mi appare sul cavallo dei pantaloni. La signora la vede, allarga gli occhi, forse ha riconosciuto la sostanza benedetta, venefica per chi percorre le vie di Satana. Contrattacca con una mossa a sorpresa: “su, su, non c’è da essere nervosi. Ti chiamo la Luisa.” Tono pacato, quasi materno. Mi fa l’occhiolino. Sono terrorizzato.
L’impresa è già difficilissima. Stordito da questo primo inciampo e dal forte odore di patchouli vengo chissà come spinto in una stanzetta, dalla Luisa: femmina giovane e un po’ in carne, molto rilassata, certo più di me. “Questi li togliamo” mi fa, e mi cala i pantaloni. Io sono nel panico, schiacciato dall’attacco della puttana di Babilonia: stanza piccola, carni generose, profumo intenso di peccato. La Luisa, in ginocchio davanti a me, sorride e mi deterge le cosce con una spugna, per rimuovere ogni traccia di acqua santa. L’acqua santa! Il pensiero mi attraversa come un fulmine: stordito dall’attacco del Nemico mi sono lasciato disarmare, l’altra bottiglia ancora nei calzoni, i calzoni riposti su una sedia, e io come un ebete, come un pupazzo, che mi lascio stendere sul lettino, spogliato di camicia, maglietta, dignità.
Inizia la battaglia. Mentre le mani della Luisa cercano, toccano, spingono, io mi rifugio nel santuario dell’agiografia, santi e martiri hanno dato la vita per costruire una fortezza attorno a me: Santa Caterina legata a forza alla ruota – no, troppo sensuale, io stesso mi sento bloccato – Sant’Agata col seno mozzato – peggio! il seno di Luisa mi ballonzola vicino! – santa Teresa in estasi trafitta dall’angelo – Signore mio aiutami, queste sante sono una trappola mortale, meglio rifugiarsi tra gli uomini, dignitosi, barbuti – San Pietro da Verona con la roncola in testa, San Lorenzo cotto sulla graticola, San Girolamo che si batte il petto – ECCO! San Girolamo, anacoreta, penitente, castigatore di malcostumi! Lui che scrive contro le mogli dei preti, lui che mortifica il corpo e santifica lo spirito: mi scuoto, la mia energia si decuplica, getto un grido, balzo dal lettino. La Luisa, terrorizzata, si rintana in un angolo. Vittoria! Nudo come Adamo, glielo sbraito in faccia: “Niente mela questa volta, peccatrice!” Le mi guarda stupita, giustamente esterrefatta, gli occhi grandi di chi è colto in fallo: “La… mela?” mi chiede. Finge di non capire. Ma ormai sono incontenibile: afferro la bottiglia rimanente e corro via dalla stanza, stappo e inizio a benedire tutto e tutti, pareti, mobili, lettini, uomini nudi, donne nude, attaccapanni, giacche, quadri, sanitari, sono una furia sacra, un crociato, un inquisitore, niente mi può fermare: la vecchia mi si para davanti, io ho finito l’acqua santa e le tiro la bottiglietta, lei si ritrae, giustamente sconfitta. Io esco instrada, trionfante, vincitore, perfetto. Santo.
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Poco dopo nel centro massaggi Matrona Piera calma le ragazze, rassicura i clienti, offre mentine, rassetta l’ingresso, manda a casa la Luisa, ci vediamo domani. Poi mette dei guanti di gomma, neri, spessi, da laboratorio chimico, e con estrema attenzione solleva la bottiglietta dell’acqua santa, stando bene attenta a non bagnarsi. La getta nel cestino. Ha gli occhi liquidi, neri, pieni d’odio.