Il Benefattore Verde camminava tronfio per la strada affollata. La massa delle persone si divideva davanti a lui e come sempre nessuno restava indifferente al suo passaggio: chi lo ammirava restava a bocca aperta, sorrideva, si azzardava a sfiorare i bordi della sua divisa, lo indicava ai bimbi, con fierezza. E poi c’erano gli altri, quelli che guardavano in tralice, scuri in volto, invasi da un’ostilità controllata, bloccata, sotterranea. Per forza sotterranea, non c’era altro da fare.
Il Benefattore Verde era – qualcuno dirà: era stato – un uomo. Prima, molto prima lo era di certo. Prima del colpo di stato, prima della legge marziale, prima dei rastrellamenti. Adesso era qualcos’altro. Era, prima di tutto, un’idea. Lui e i suoi colleghi – perché ce n’erano parecchi, di BV – erano un’idea precisa: pagherete. E, se non pagherete, lo farete perché avete rigato dritto, perché siamo stati magnanimi, perché decidiamo così. Ma non rilassatevi.
L’uniforme. L’uniforme già da sola sarebbe bastata. Verde, va da sé. Un bel verde scuro, ornato al polso, alla cintura e al berretto con le foglie di tasso, ricamate. La scelta del tasso come simbolo della polizia speciale non fu casuale. Niente fu casuale. Tasso, Taxus Baccata, pianta comune, bellissima, velenosissima in tutte le sue parti. Pochi lo sapevano, prima, quando c’era la libertà di inquinare. Quando il mondo non era verde. Adesso invece era chiaro a tutti: il tasso uccide.
Il tasso uccide o, all’occorrenza, fustiga. Ogni BV ha con sé uno scudiscio di legno sottile, flessibile, coperto di spine. Ogni BV percuote generoso chiunque si opponga all’ordine. Le cicatrici su mani e schiene e volti sono un marchio chiaro: ho disobbedito, ho meritato il castigo, non sono stato abbastanza verde. Il buon cittadino dovrebbe portare con orgoglio i segni: è stato redarguito, migliorato, riportato sulla via naturale. Pochi ci riescono.
Il BV camminava tronfio per la strada affollata godendosi il potere, gli sguardi ammirati e spaventati, e godendosi anche l’odio. L’odio dei peccatori è un balsamo per l’anima del giusto. Ma il BV sapeva di avere una missione precisa, quel giorno. Svoltò in un vicolo secondario e dopo poco si fermò davanti a un negozio dall’aria dimessa. L’insegna era rimasta la stessa da prima della rivoluzione verde: macelleria. Certo, era stata imbrattata, coperta di scritte offensive e disegni di teschi e di fiori, ma si leggeva ancora, chiara, sotto: macelleria.
Il BV gettò uno sguardo alla vetrina semivuota: un timido cartello parlava di una promozione sulle bistecche di soia, ma lo faceva sottovoce, senza voler disturbare. Un anonimo prezzario, a caratteri minuti e impaginato su tre colonne, elencava i prodotti in vendita: salame di tofu, prosciutto di lupino, hamburger di spinaci, e poi soia, soia, soia, ad nauseam – trippa di soia, bresaola di soia, costolette di soia, spezzatino di soia. Soia, Glycine Max, una leguminosa ricca di proteine, ad alta resa per ettaro, facilmente manipolabile. I campi fuori dalla città non producevano altro. Il BV soffocò un moto di disgusto ed entrò nella macelleria.
L’accoglienza non lo stupì. I clienti lo avevano certamente visto attraverso la vetrina e dovevano aver comunicato con lo sguardo, senza dire una parola. Come da prassi, qui non incontrò il solito miscuglio di ammirazione e odio. Qui il sentimento dominante era omogeneo: terrore. Tutti i clienti lo guardarono con occhi sbarrati, le guance bianche, le bocche dischiuse. Qualche mano iniziò a tremare. Il BV, sorridendo calmo, prese il numeretto: 36. Il display segnava: 31. Il cliente trentuno, colto nell’atto di afferrare tre etti abbondanti di tofurkey, rimase così, impietrito, plastico.
“Cosa vuole ancora?”
Tre parole spezzarono l’incantesimo. Il macellaio, dietro il bancone, evidentemente stufo, evidentemente arrabbiato, era sbottato, in mano la mannaia ancora sporca di estruso di riso. Ora che l’attenzione del BV aveva trovato un bersaglio la questione si faceva interessante. Il cliente trentuno mise via il pacchetto e si fece da parte, in tutta fretta. Ma non andò via. Si mise da un lato, a guardare, come gli altri.
“Voglio sapere” il BV parlò con voce affettata, sardonica, guardandosi attorno con l’aria del padrone “voglio sapere come ci si sente a vendere queste… questa merce.”
“Il mio negozio è perfettamente legale, lo sa benissimo. L’articolo 61 dello statuto-”
“Ah, lo statuto. Bella invenzione. Bello scudo, non trova?”
Il macellaio strinse la mascella e resse lo sguardo. “L’avete scritto voi così, prendetevela con i vostri legislatori.”
“Giorgio, Giorgio” il BV lasciò cadere il numeretto a terra “attento alle parole, Giorgio. Se c’è un voi, come tu dici, allora c’è anche un noi. E io mi chiedo, in nome di tutto ciò che è verde: chi sono questi che consideri tuoi? Chi è la tua gente?”
Il macellaio si accigliò, sorpreso dalla piega del discorso, mentre già vedeva il panico tornare negli occhi dei clienti. Rispose ringhiando: “Se avete delle accuse, fatele. Se volete arrestarmi, fatelo. Ma sapete chi sono, sapete chi mi protegge. Siete un BV, è vero, ma solo questo. Ricordatevelo.” Sottolineò la frase piantando la mannaia nel tagliere. L’altro sorrise, strafottente. Fece il saluto militare con movimenti esagerati, e poi: “Il verde” E gli altri “Trionfi”, chiudendo la formula di rito, con voci timide, disorientate. Poi il BV si voltò e senza aggiungere altro uscì dal negozio.
La paura si sciolse come una diga. I clienti sospirarono, risero, si accalcarono al bancone, sommergendo il macellaio Giorgio di complimenti: “grazie, grazie, gliela hai fatta vedere, sei stato coraggioso, ma non hai paura? ci serviva proprio uno come te, mai chi è che ti protegge? grazie, grazie, grazie.”
Giorgio, un po’ imbarazzato, rilassato a sua volta, sospirante a sua volta, a pericolo passato, gestiva impacciato i suoi ammiratori: “No, non posso spiegare. No, capirete anche voi. Ma sì, non tutto è perduto. Non sono tutti così. No, no, davvero. Gente, io voglio solo fare il mio lavoro. Lo so, lo so. Ma non abbiamo niente da nascondere, i surrogati sono legali, qua tutto è a legge. Dobbiamo difendere i nostri diritti, lo sapete.”
La notizia si sparse rapida: il macellaio Giorgio aveva tenuto testa ad un BV. Qualcuno diceva che avesse connessioni in alto, molto in alto, forse fin nel Concilio Agronomico. Di ripetizione in ripetizione il macellaio Giorgio divenne una figura ciclopica, il suo un atto di ribellione, una scintilla di rivoluzione. Fioccarono i clienti, tutti volevano parlare con lui, qualcuno gli strinse la mano, qualcuna gli fece l’occhiolino, la macelleria divenne un porto sicuro. “Finché dura”, dicevano i pessimisti, guardando il pavimento. “Dura, dura” rispondevano tutti gli altri.
Due settimane esatte dopo l’incontro con il BV, la sera, il macellaio Giorgio abbassò la serranda del negozio. Era stata un’altra giornata piena e doveva fare degli altri ordini. Se le cose continuavano di questo passo avrebbe avuto bisogno di un magazzino più grande. Rientrò nel negozio, spazzò in terra, chiuse la cassa, appese il grembiule ed andò nel retrobottega. Accese la luce e si trovò davanti lo stesso BV di due settimane prima, seduto su un barile di pollo di seitan, che lo aspettava.
“Santo verde, mi hai spaventato!” Giorgio sorrise “Quante volte te lo devo dire di non comparire come un ladro?”
L’altro sorrise a sua volta e strinse la mano al macellaio. “Ormai sei una celebrità, se non faccio così non posso più vederti.”
Giorgio scosse la testa sogghignando: “Lo so, lo so. Le cose vanno bene, non ci credevo, e invece! Non ce n’è come affrontare il potere costituito per diventare popolari. Guarda un po’ qua.” Estrasse da un cassetto tre bottiglie di vetro, tutte diverse, senza etichetta. Il BV le studiò contro la lampada: contenevano lo stesso liquido ambrato. “Birra fatta in casa” spiegò Giorgio. Il BV ebbe un fremito. “Tutti quei poveri lieviti, sacrificati per fare alcool.”
“Già.”
Calò un silenzio carico di cordoglio. Migliaia e migliaia di morti, in confezioni da 33 centilitri.
“Una puoi portarla al comando, dirò che mi è caduta. Ma le altre non te le posso lasciare, le svuoto nel lavandino e poi le riporto al birraio.”
“Qualcuno di noto?”
“Tale Titosperi. Ma è un pesce piccolo, poca roba. Credo abbia dei fusti da dieci litri. Però mi serve, è un buon modo per entrare nel giro. Sento che sto per arrivare da qualche parte.”
“Cosa intendi?”
“Un paio di giorni dopo il nostro piccolo scontro sono comparsi clienti nuovi. Ho l’impressione che mi parlassero in codice, mi hanno chiesto se avessi della manna.”
“La linfa di frassino, Fraxinus Ornus?”
“È quello che ho pensato anch’io. Ma no, doveva essere dell’altro. Tieniti forte: se ho decifrato il gergo, manna è il nome in codice per dire lardo.”
Il BV trasalì, l’altro lo guardò soddisfatto. “Ma è abominio! Ma è eresia!”
“Lo so, lo so. Sono solo sospetti, bada. Non ho tracce, non ho piste, non ho niente. Sono solo un piccolo macellaio che fa la sua parte.”
“È peggio, molto peggio di qualunque cosa immaginassimo.”
“Ed è per questo che devo continuare. L’intuizione iniziale, quella che ha fatto partire tutta l’operazione sotto copertura, ecco, quella è stata un vero colpo di genio. Chi frequenta una macelleria di surrogati? Chi si attacca all’idea di poter continuare a mangiare carne?”
“Lo so, lo so, ma per madre natura. Lardo! Meritano la falce.”
“Già.”
“E tu meriti un premio. Quando tutto questo sarà finito un mese di cura detox non te lo leva nessuno.”
“Non vedo l’ora. Sai quanto mi sento sporco, la sera, dopo aver maneggiato questa roba tutto il giorno?”
“Vorrei davvero che ci fosse un’altra strada, lo sai. Ma questi carnivori vanno presi, tutti quanti. Riposa sereno, soldato, la tua patria ti è grata. Io porto la birra al comando per farla analizzare.” Fece il saluto militare. “Il verde.”
“Trionfi!” Rispose il macellaio Giorgio, le lacrime agli occhi per l’emozione e la stanchezza.
[L’idea della dittatura vegana l’ho rubata a Raffaella, che ringrazio, e di cui vi linkerei un profilo se solo si degnasse di averne uno]