Per tradizione il mio anno deve iniziare con qualcosa sui miti norreni. È una tradizione antichissima, cominciata l’anno scorso. Vedremo se la mantengo anche l’anno prossimo, ma per l’intanto mi sono letto questo – dopo averlo velatamente richiesto come regalo di Natale.
L’elemento tragico, quasi straziante, ce lo dice direttamente Gaiman nella breve introduzione: abbiamo perso tanto. Le fonti scritte della mitologia norrena sono poche, e in qualche modo postume: le due Edda risalgono a quando ormai si stava diffondendo il cristianesimo nell’Europa del Nord, ma il grosso dei miti risale a qualche secolo prima, alla gloriosa epoca vichinga, e veniva tramandato per tradizione orale.
Abbiamo perso tanto. Ci sono dei fili che non si chiudono, nomi di eroi e dei citati solo una volta, senza grosse spiegazioni, dando per scontato che tutti li conoscessero. O forse anche il buon Snorri Sturluson non ne sapeva più di noi. Oh, io i nomi li ho scritti, ma non chiedetemi altro.
Questo libro è una raccolta di racconti. Gaiman prende e intreccia, massaggia, omogeneizza, dalla creazione del mondo al ragnarok. Fa, con grande candore, un’operazione di abbassamento: il mito non è più roba “alta”, non è materia di studio filologico, sapere noioso e da eruditi. Gaiman riporta il mito alle sue origini: sono storie, anche divertenti, e vanno raccontate. E come tali ce le racconta, piegando un pochetto qua e là, facendo in modo che tutto torni, qualche profezia poi venga a compimento, qualche elemento di continuity venga rispettato. Il risultato è una lettura leggera, assolutamente istruttiva, quasi divulgativa.
Epperò, visto che sono un po’ un cagacazzo, non posso dirmi soddisfatto. Ora, non che io sia un esperto di questi miti, però il risultato è forse un po’ troppo patinato, un po’ troppo favolona. Che era l’obiettivo, immagino, e quindi è stato raggiunto e a posto così. Però mi ha fatto un po’ l’effetto di leggere un articolo di Focus: sì, va bene, tutto bello, ma vorrei più sostanza.
Ho sentito, a ben guardare, l’assenza di un commento. Gaiman scrive appunto solo una breve introduzione. Mi sarebbe piaciuto che ogni racconto fosse accompagnato da un commento: le fonti usate, le scelte fatte, i dettagli tolti o aggiunti. Forse, a ben guardare, il barboso filologo sono io. Sono diventato ciò che ho sempre odiato, che Odino mi protegga.
Soprattutto mi è mancato il commento di Gaiman sull’elemento della mitologia norrena che più mi perplime: la discesa verso il male di Loki. Loki per due terzi delle storie è un burlone, fa gli scherzi agli dei – a volte anche scherzi crudeli, ma non è che gli altri dei siano proprio dei campioni di bontà. E però è parte del gruppo, combina qualche guaio ma poi anche mette a posto tutte cose, ha fatto in modo che Thor ricevesse il martello Mjöllnir e ha partorito Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino. E poi se la faceva con Angrboda, la gigantessa, che un po’ lo capisco, snu snu eccetera.
Fatto sta che gli altri dei prima intrappolano i suoi figli – che sono dei mostri, va bene, ma comunque poi te lo dovevi immaginare che se la prendeva. A questo punto Loki esagera, forse un po’ fuori personaggio, sicuramente da incazzato: provoca la morte di Balder, il più benvoluto tra gli dei. E mette anche i bastoni tra le ruote al grande piano per farlo risorgere. Insomma, Balder resta morto, con grande scorno di tutti.
A questo punto il resto della combriccola decide: non ne possono più, lo catturano, lo portano in una caverna, e lo legano ad un sasso. Usando come corde gli intestini di un altro dei suoi figli. E c’è pure un serpente che gli fa colare veleno sulla faccia. Poi se ne vanno, con tutta l’intenzione di lasciarlo lì a macerare nell’odio e nel rancore, per sempre. Ora indovinate, miei piccoli lettori: quando Loki si libererà – perché prima o poi si libera, lo sappiamo – di che umore sarà?
La neve arriverà da ogni direzione, e venti tremendi, e un freddo più freddo di come possiate mai averlo immaginato, un freddo gelido così freddo che i polmoni respirando vi faranno male, così freddo che le lacrime vi si ghiacceranno negli occhi. Non ci sarà primavera a placarlo, né estate, né autunno. Solo inverno, seguito da inverno, seguito da inverno.
Ragnarok is coming