Murakami – I salici ciechi e la donna addormentata

Murakami l’ho sentito che si avvicinava come uno squalo, con tanto di pinna che spunta dal pelo dell’acqua e musica in crescendo: dun-don-dun-don-dun-don. Sono almeno due anni che ogni qualche settimana trovo qualcuno che mi fa: oh, Murakami. Oh ma devi leggerlo. Oh ma come scrive. Oh.

Ecco qua, ho preso in prestito (cioè, ho sottratto dalla stanza del cugino mentre lui non c’era) questo libro e mi ci son buttato. Spoiler alert: non posso dirmi entusiasta.

Pallozzo bianco su sfondo rosso, in ribaltamento della bandiera giapponese. I see what you did here, Einaudi

“I salici ciechi e la donna addormentata” è uno dei racconti di questa raccolta. Gran titolo, grande invidia (io faccio schifo a dare i titoli). Di cosa parla questo racconto? E la raccolta, in generale? Che tipo di racconti contiene? Generi? Trame? Temi?

Boh.

Ecco, questa potrebbe essere la recensione. Un po’ crassa, un po’ facile, qualunquista e populista come va di moda in questi tempi. Boh. Non si capisce. Ma, dato il mio amore per il parlarmi addosso, vediamo di spiegare meglio.

Intanto è una “raccolta” di racconti nel senso che hanno davvero raccolto pezzi sparsi, roba scritta nell’arco di un ventennio. Quindi, per forza, non c’è omogeneità, che in vent’anni le persone cambiano. Ma va bene, eh, però la sensazione è che sia un po’ un’operazione commerciale: Murakami ha ormai fatto il botto, pigliamo pezzi sparsi, coriandoli letterari, rimasugli che son rimasti appiccicati a riviste, raccolte multiautore, giornali. Mescoliamo tutto, mettiamo il nome dell’autore scritto bello in grande e vedrai che vendite. Questa è la mia impressione. Magari sbaglio, eh. Sono pigro e non ho controllato.

Alcuni racconti sono autobiografici. Altri sono pezzi da blog. Altri sono racconti veri, con protagonisti, trama e tutte cose. Ma non importa, l’unico vero protagonista è lui, Murakami, che ti parla. Il narratore non è mai neutrale, la sua voce è sempre forte e chiara e profonda e affascinante. Anche quando ti dice delle cose senza senso. Anche quando sono racconti surreali, onirici, strambi, e ti vien da pensare “e se fosse tutta una grande metafora?” Ma metafora di cosa? Come interpretarla? Non si capisce.

La citazione

– È una regola che ha stabilito lei?
– Sì, – rispose il mio amico guardano il cruscotto della Peugeot. – Sulla base dell’esperienza.
– Se devo scegliere fra qualcosa che ha una forma e qualcosa che non ne ha, meglio optare per la seconda, – ripeté lei.
– Esatto.
La donna ci pensò su un momento.
– Sì, ma nelle circostanze attuali, non saprei dire cos’abbia una forma per me e cosa non ne abbia.
– Può darsi. Ma forse ad un certo punto dovrà fare questo genere di scelta.

Dal racconto “Percorsi del caso”

Cose positive: 1) Murakami scrive bene. Trasmette una grande calma, ha uno stile asciutto e mai prolisso (mica come me); 2) c’è un’atmosfera molto precisa, come di qualcosa perennemente sospeso, con una spruzzata di tristezza verso la vita in generale che la rende molto riconoscibile.

Cose negative: 1) i personaggi sono un po’ tutti uguali, tutti schiacciati dall’atmosfera di cui sopra; 2) è tutto stramaledettamente sfumato. Ho finito questo libro qualche giorno fa e mi sto già dimenticando tutto. Davvero, ho dovuto riaprirlo e rileggere dei pezzi per scrivere questa rece.

Quindi: ok. Dicevo sopra che non mi ha entusiasmato, ma forse questa era anche una raccolta un po’ ad cazzum. La caratura del narratore si vede tutta, e nell’anno sicuramente leggerò qualcos’altro di suo – magari un romanzo, una roba un po’ più solida. Secondo me non diventa comunque il re della trama, eh, ma magari sbaglio.

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