Nell’anno del signore 2019 c’è ancora bisogno di dire che il dio dell’antico testamento era un gran bastardo? La risposta di José Saramago è: sì.
Vabbè, partiamo subito con la precisazione rompicazzo: il libro è del 2009, non del 2019, sono io che l’ho letto adesso con dieci anni di ritardo. Però non è che sto proprio adeso a Saramago come una patella, dai. Questo libretto l’ho preso in autogrill dal cestone, due feltrinelli a 9.90€, affarone. L’ho comprato un po’ per disperazione (che non avevo da leggere) e un po’ sulla fiducia (che mi fido dell’autore*).
Vent’anni fa, quando stavo ancora saldamente tra i ranghi del cattolicesimo, avrei trovato questo romanzo magari un po’ irridente, certamente ben scritto, forse un po’ conturbante. Dieci anni fa, nel pieno della mia rivolta anti-cattolica da novello ateo rompiballe iscritto all’UAAR, l’avrei trovato esaltante, magistrale, perfetto. Ora che mi sto avviando ai quaranta e ho fatto pace con tutto il fatto religione e trascendenza trovo che sia un libro molto godibile, piuttosto divertente, che non sposterà gli equilibri spirituali del mondo, ma che dai, ha il suo posto e la sua dignità.
Saramago ci racconta la storia di Caino dopo l’omicidio del fratello Abele. Come tutti certamente ricordate dal catechismo, Caino fu condannato dal signore a vagare per la terra, senza requie. Inoltre dio pose sulla sua fronte un segno cosicché nessuno lo uccidesse e non ponesse così fine prematuramente alla punizione.
Partiamo da qui, dall’assassinio. Perché Caino uccide Abele? Per gli amanti della musica lombarda la risposta è chiara: per invidia. Se aderiamo al racconto della bibbia le cose si fanno più confuse: Caino e Abele offrono entrambi al signore i frutti del loro lavoro, il primo essendo coltivatore offre granaglie e semi, il secondo essendo allevatore offre un capretto. E il signore apprezza la grigliata.
L’evento si ripete più volte, e su Caino arriva grande vergogna e scherno: il signore preferisce Abele. Perché? Ecco, non si sa. Il racconto della genesi è un po’ stringato, si possono fare ipotesi, ma di base passa questa ineguaglianza di trattamenti resta. Saramago ci dice: ineguaglianza ingiustificata. I due fratelli sono onesti lavoratori, entrambi seguono il precetto e fanno le offerte, eppure uno è trattato bene, l’altro male. Caino si arrabbia, si gonfia, si riempie di rancore verso il signore e, giunto allo stremo, non potendo uccidere dio ammazza suo fratello. Un omicidio per procura.
Occhio: in nessun momento Caino è innocente. Lo dice lui, e ce lo dice anche Saramago: questo testo non è un’apologia della violenza. Ma se Caino è colpevole, il signore lo è molto, molto di più. Ma solo l’uomo viene punito, dio resta al di sopra di ogni giudizio.
La storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con dio, né lui capisce noi, né noi capiamo lui.
Mistero della fede
Nel resto del romazo Caino diventa Forrest Gump e vagola per il mondo dell’antico testamento, incontrando tutta la gente che conta: Abramo e Isacco, Lilith, sodomiti e gomorresi, i poveri muratori della torre di babele, per finire con la ciurma di Noé, sull’arca, sballottato su e giù per Waterworld. Ad ogni incontro Caino si convince sempre di più della malvagità del signore, della sua meschinità, della sua fragilità. Il signore è geloso e ha bisogno di continue rassicurazioni. Appena qualcosa lo minaccia, appena qualcuno alza la testa e rifiuta di essere un drone telecomandato ecco che ZAK! Piaghe, fulmini, trasformazioni in sale, cataratte.
E vabbè. Il dio dell’antico testamento era un dio inventato da quella gente lì per quella gente lì: una società patriarcale, tribale, violenta. Che ti aspetti. Ma non ci si ferma qui, il messaggio di Saramago si intravede in trasparenza: non è solo quel dio lì, che merita di essere criticato. Perché se l’umanità è creata da quel dio lì, allora non può che essere altrettanto malvagia, meschina, fragile. Tale padre tale stirpe di Adamo. Quindi non si salva nessuno e forse era meglio se il diluvio universale avesse finito il lavoro, al posto di salvare la ciurma di Noé.
E questo è quanto. È un romanzo leggero, divertente e godibilissimo che ti lascia con un profondo messaggio nichilista. Alegher!
* il primo libro di Saramago di cui ho sentito parlare, alle superiori, era “Cecità”. È un libro potente che racconta di un’inspiegabile apocalisse che rende tutta l’umanità cieca, d’improvviso. Il libro parla di dinamiche sociali, soprusi, violenze, e come in realtà la barbarie sia sempre dietro l’angolo. Ma io non lo sapevo: all’epoca avevo solo sentito parlare di questo libro, senza averlo letto. Ma la considerai un’idea figa, e ci scrissi un racconto: il protagonista era uno dei pochi che inspiegabilmente sono immuni dalla cecità, e come tale viene cacciato da plotoni di uomini ciechi, che si muovono all’unisono battendo il terreno con i loro bastoncini bianchi. Invidiosi, i ciechi vogliono accecare chi non lo è. Era sostanzialmente un racconto d’azione, con pugni, calci e diti negli occhi. Devo dire che non avevo proprio centrato lo spirito dell’opera.
CREDITS: Vazkor castigatore di refusi ed erronei copincolla