Caleidoscopico, visionario, straordinariamente pianificato. Kill Six Billion Demons è “solo” un fumetto, ed è anzi “solo” un webcomic, disponibile gratuitamente nell’apposito sito. E però ho desiderato tantissimo avere l’edizione cartacea – per un senso di debito verso l’autore, certo, ma soprattutto perché KSBD è una festa per gli occhi, e leggerlo tutto di filato è una continua scoperta.
KSBD parte con il più classico dei topos: la protagonista Allison è trasportata in un mondo fantastico. È un cliché narrativo che non mi stanca mai, portate pazienza, sarà che sono figlio degli anni Ottanta e il mondo-altro all’epoca andava forte. Ma già, fin da subito, si ribaltano i luoghi comuni: il fidanzato di lei è stato rapito, e lei sta andando a salvarlo. Damsel in distress un par di palle, ecco.
Il mondo di KSBD è un universo multiforme ma straordinariamente coerente di: dei, santi, arti marziali, mostri, corruzione, umanità e gente. Soprattutto gente. Abbadon (il nickname con cui Tom Parkinson-Morgan ha iniziato e con cui si firma tuttora sul sito) ha un debole per le folle, le città sovrappopolate, il brulicare.
Gli piacciono proprio tanto.
Ma tanto proprio.
Ma c’è dell’altro ovviamente – se fossero solo immagini belle avrei perso interesse anni fa, e invece sono ancora qui che controllo tutti i giorni se ci sono aggiornamenti.
La storia, accennavo, è la classica esplorazione del mondo alieno. Sullo sfondo di uno scontro tra divinità meschine e spaventate la nostra protagonista compie il suo arco evolutivo. Il mantra è semplice: “reach heaven through violence”. Ma non significa solo tirare schiaffi – anche se quelli ci sono. La violenza è intesa come autodeterminazione, come necessità di lottare, superando le paure e l’ignavia. Allison parte come un personaggio passivo, che si lascia vivere. Non è infelice, veh, ma ha sempre seguito la via del minore attrito e si è trovata disperatamente sommersa dalla mediocrità. I fatti la costringono a prendere delle decisioni, a partire da un’epifania banale ma anche straordinaria: non fare niente è comunque fare qualcosa. Accettare passivamente la propria condizione non lava la coscienza. Ogni cambiamento è doloroso, e va bene così.