Francesco Costa deve il 100% del suo successo al cognome, un assist perfetto per il titolo del suo “Da costa a costa“, un podcast che parla di Stati Uniti e che in un unico fluido movimento richiama il coast to coast – il viaggio in auto per eccellenza – ma anche un collegamento ideale tra le coste dell’oceano atlantico, perché l’egemonia culturale statunitense c’è ancora tutta e quello che succede di là poi ha influenza anche di qua, non si scappa. E poi è un product placement perfetto, Da costa a costa, il nome dell’autore ripetuto due volte, per forza te lo ricordi. L’ho detto, 100% merito del cognome. Non è mica vero che scrive bene, è un bravo giornalista, si sbatte, gira, parla, indaga. Tutto falso. Solo il cognome. Pensa se si chiamava Francesco Porcaro. O Francesco Ammazzatore. O Francesco il Pedofilo, come cantavano gli Elii.
Questa è l’America è un saggio agile, otto capitoli velocissimi che partono eventi concreti – la crisi degli oppioidi, l’avvelenamento di Flint, l’insurrezione al ranch di Cliven Bundy – per poi allargare l’orizzonte e arrivare a farsi una domanda grossa, di quelle da far tremare i polsi:
O meglio: che succederà? Perché ci sono due possibili risposte, e sono in conflitto, e quindi mi sa che una delle due si avvererà e l’altra no. Infatti l’ultimo capitolo si intitola Il Bivio. Ma ho un po’ incasinato le cose, facciamo un passo indietro.
Questa è l’America dà il quadro di una nazione che si sta incattivendo. Cioè, tecnicamente dovrei dire che si sta estremizzando: posizioni sempre più radicali, sparizione di diplomazia, impossibilità di dialogo tra intere fette della popolazione che si allargano e si allontanano sempre di più. Ma poi quando ragioni per bande, quando vincono i manichei dell’«o con noi o traditore» per forza ci si incattivisce. Tutto quello che dicono gli altri è una merda. Tutto quello che diciamo noi è oro. È così che si finisce per prendersi a pistolettate.
Non è stato sempre così, eh. Ancora ai tempi dell’elezione di Clinton, quindi all’inizio degli anni novanta, la situazione era ancora quella di una nazione grossomodo unita, sicuramente non così radicalizzata. Però sono passati trent’anni, c’è stato l’undici settembre, i social network, l’NRA, il cambio radicale del partito repubblicano, l’ascesa di Fox News. Insomma, in trent’anni ne sono successe di cose. E ora il paese è diviso in una lotta per bande.
Una cosa di cui si ha poca contezza in Italia è quanto questo porti a bloccare tutto. Il sistema legislativo americano prevede una serie di pesi e contrappesi per cui, istituzionalmente, molte cose devono essere fatte in maniera bipartisan. Proprio così, per scelta, in modo da evitare le dittature. Ma se quelli dell’altro partito diventano nemici come si fa a prendere decisioni comuni? Eh, niente, non si fa. Infatti negli ultimi anni il Congresso, che fa le leggi, è sempre stato fermo. Il presidente può solo governare a botte di ordini esecutivi, che un po’ come i decreti legge in italia sono zoppi, e comunque possono venire cancellati dal presidente successivo. Scrivo questa rece nei primi giorni della presidenza Biden e, come da tradizione, sono stati appena approvati una serie di provvedimenti-cancellino.
Questo della radicalizzazione è peraltro un meccanismo che si autoalimenta: ti senti circondato da nemici, braccato, infelice, voti per un politicante che fa promesse mirabolanti, solo per vederle disattese, in mezzo a una narrazione che ti racconta che è colpa degli altri, gli avversari politici, sono loro che bloccano tutto. Per chi voti al prossimo giro? Ovvio, per un candidato ancora più estremista.
Comunque, il bivio. Una delle interpretazioni è che questa sia un’anomalia. Già altre volte gli Stati Uniti si sono trovati in condizioni di instabilità sociale, divisioni, casini. E ne sono sempre usciti più forti, con una capacità di reinventarsi che in Europa – e specialmente in Italia – ci sognamo. E quindi magari davvero, arrivati ad una soglia critica di divisione, di nervosismo, di violenze, magari qualcosa cambia. In questi giorni si parla molto di unità nazionale, guarigione, ritorno alla normalità.
L’altra ipotesi è che non esista nessuna normalità a cui tornare. Le cose stanno così e proseguiranno in questa direzione. Di estremo in estremo, di divisione in divisione, in una spirale che magari a un certo punto smette di crescere, va bene, e un qualche equilibrio nuovo si troverà, va bene, ma puoi scordarti i tempi paciosi del passato. Il nemico è tra noi e ci resterà.
Su questo bivio, e senza azzardare una risposta, Francesco Costa chiude. Questa è l’America mi è piaciuto, è un saggio che affronta un argomento gigante e complicatissimo senza pretese di avere la verità in tasca, epperò non è che la butta in caciara. Quando deve dire che quelli della National Rifle Association ad un certo punto sono diventati delle merde, lo dice. Con la sua voce narrante pulita, professionale, mai una parola fuori posto. Però si capisce benissimo cosa pensa. Che merde.