Spoiler: la Pizia alla fine muore.
Alura, prima di parlare del libro, pippone per chi non mastica cose dell’antica Grecia:
- la Pizia è la sacerdotessa del santuario di Delfi, cioè una tizia che fa da tramite ad Apollo quando il dio vuole parlare con noi poveri mortali. La trovi nella parte più profonda e oscura del tempio, assisa su un tripode posizionato su una fessura del terreno da cui salgono vapori misteriosi. Tu vai da lei e sgozzi una capra, lei ribalta gli occhi e oracola
- cioè tu vai a Delfi, PAGHI, e ti permettono di accedere al tempio
- l’oracolo che otterrai è tipo motto dei biscottini della fortuna, “Conosci te stesso”, “Con le lance d’argento puoi conquistare il mondo”, “Il parmigiano non va sul pesce”. A volte sono brani più lunghi, ma sono le frasette infuocate a lasciare il segno
- ho già detto che devi pagare? E ho detto che se paghi di più salti la coda? Aggiungi mille magheggi, oracoli pilotati, corruzione, sarabande. La città si è molto arricchita, avere un canale privilegiato con Apollo rende bene
- l’Oracolo di Delfi era un’istituzione, tutti sanno della sua esistenza, tutta la baracca rimarrà in piedi per circa UN MILLENNIO (l’ultimo oracolo, “tutto è finito”, fu emesso nel 393 d.C.)
- essere “la Pizia” è un incarico a vita, e infatti ci sono state molte pizie. Quella della novella di Dürrenmatt è Pannychis XI, che incontriamo vecchia, decrepita e disillusa
Ci sono molte altre cose da dire sull’Oracolo di Delfi e sulla Pizia, ma non mi sento qualificato per parlarne. Parliamo invece del libro. L’attacco è fulminante:
Stizzita per la scemenza dei suoi stessi oracoli e per l’ingenuità dei Greci, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, lunga e secca come quasi tutte le Pizie che l’avevano preceduta, ascoltò le domande del giovane Edipo, un altro che voleva sapere se i suoi genitori erano davvero i suoi genitori, come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano a intendere ai loro consorti, i quali peraltro finivano per crederci, come Zeus in persona si fosse giaciuto con loro.
La Pizia è una vecchia rinsecchita e sarcastica, una di quelle zie che non le manda a dire, e ha ancora abbastanza ironia in corpo da mettere a segno colpi mirabolanti. E infatti risponde al povero Edipo la prima scemenza che le viene in mente, avvolta tra i vapori che salgono dal terreno e che almeno un po’ le giovano ai reumatismi:
“Ammazzerai tuo padre, e giacerai con tua madre”
Lei lo fa così, un po’ per ridere e un po’ per dare una lezione a Edipo, che però non la prende benissimo, anche perché se pensi che sia stato direttamente Apollo a parlarti poi queste cose finisce che ti mortificano. Comunque la Pizia è anche senile, e quasi subito si dimentica dell’oracolo emesso.
Qualche tempo dopo la sacerdotessa sente la morte arrivare e decide di tornare a sedersi sul tripode, verrebbe da dire per oracolare finalmente su se stessa. Ma il personaggio è pragmatico e per niente prono ai sentimentalismi. Si mette lì perché quello è il suo posto e dopo averci passato la vita non saprebbe dove altro andare. Con la morte che arriva la vengono a trovare vari spiriti, gente morta e gente morente, compreso l’altro grande oracolo, Tiresia, che sta tirando le cuoia in sincrono a lei dopo aver bevuto da una fonte avvelenata da tutt’altra parte della Grecia. Seguono un po’ di dialoghi con questi personaggi-ombra.
La trama, se si può parlare di trama, è lo srotolarsi del mito di Edipo. Ogni nuova testimonianza portata al cospetto della Pizia ribalta la verità, ci svela un nuovo strato di mistero, intrigo, violenza. E non possiamo essere certi di niente, perché c’è anche caso che i testimoni mentano. L’identità dei genitori di Edipo cambia almeno tre volte – in ogni caso lui ha comunque ammazzato il padre e sedotto la madre, che certo Edipo sapeva divertirsi. Arriviamo al finale e Tiresia fa un pippone che si può sintetizzare in:
- la verità resiste solo finché non la tormenti
- se provi a fare dei piani poi le cose vanno esattamente al contrario
Proprio due messaggi di gioia e speranza. Qui in realtà è Dürrenmatt a parlare, che questi sono concetti un po’ troppo postmoderni per la società greca. Come tutti quelli che hanno visto la guerra da vicino, il buon Friedrich non era un allegrone.
Unica pecca della novella: si vede poco la Pizia. C’è l’inizio bellissimo di cui ho detto prima, e un’altra scena iniziale molto godibile, ma poi sostanzialmente la profetessa sparisce, ridotta a testimone per ciò che le ombre hanno da dire. Nell’economia della storia ha senso, perché la Pizia al contrario di Tiresia incarna l’accettazione della natura caotica e incontrollabile della vita, e in quanto tale si riduce a testimone impassibile. Va bene, lo capisco, però è un personaggione e mi sarebbe piaciuto vederla di più, o che almeno dicesse ancora qualcosa sul finale della storia. Invece Tiresia finisce il suo lungo monologo e poi, senza troppa fanfara, la Pizia muore.