Allan Weisbecker – Cosmic Bandidos

Libro ricevuto in regalo da R., e infatti quando l’ho scartato la mia reazione è stata quella famosa di Leo.
“Ma tu l’hai letto, vero?” Chiedo. “Me l’hai regalato, si vede che l’hai letto.”
“No. Ma fidati.”
Ok.

Approccio il testo con cautela, ma già l’introduzione mi stende. L’introduzione vera e propria, dico, quel pezzo di non fiction che precede il romanzo, che sempre provo a leggere, e che a metà della seconda pagina decido di saltare. Ma non questa volta. Questa volta l’introduzione racconta di come l’autore abbia scritto e pubblicato Cosmic Bandidos per una piccola casa editrice, così piccola che poi lui si è comprato un centinaio di copie “per dare una mano”. All’inizio degli anni novanta Weisbecker decide di spedire, aggratise, le sue copie alle truppe americane impegnate nella guerra del golfo. “Toh, leggete e fate circolare. E buona guerra.*” Poi molla tutto e se ne va in sudamerica per un paio d’anni, a trovare se stesso o qualcosa di simile. Quando torna è scoppiato un putiferio.

La cana Laika approva questa copertina

C’è chi lo mette tra i GRANDI autori, chi lo associa a Castaneda, chi dice che segretamente Weisbecker e Pinchon sono la stessa persona. C’è un piccolo culto, teorie trascendenti, interpretazioni marxiste, una band rock. Le copie originali di Cosmic Bandidos vanno all’asta. Le copie originali e autografate dall’autore sono letteralmente dei piccoli tesori. Weisbecker non ricorda di aver mai firmato nessuna copia. Chiama una libreria, per capirci qualcosa, e il commesso con aria da cospiratore gli dice di avere fonti certe che sostengono che Weisbecker, in realtà, non esiste. Ok.

Vabbè, ma quindi? Di cosa parla il libro?

Parla di un gruppo di criminali caotici, strafatti di tequila e droghe varie, che fa dei viaggi smerciando mariuana a cavallo tra sudamerica, messico e stati uniti. Procedono tutti a caso, senza piani e con un’imprevedibilità che li protegge dalle varie CIA, DEA e FBI che cercano disperatamente di acchiapparli. Ma c’è dell’altro.

Gli anni sessanta avevano mandato in cortocircuito tutte le sue funzioni di memoria a lungo termine, ma, poiché non aveva più alcun ricordo di che cosa fosse la memoria a lungo termine, non si accorse mai della mancanza.

La versione allegra di Memento

C’è che l’io narrante sviluppa un’amore per la fisica subatomica e arriva a teorizzare l’esistenza della versione “quantica” di qualunque cosa. Nello specifico, lui si occupa di bandidos quantici, che sono il non plus ultra, la quintessenza del bandido. Quando diventi quantico hai finito, tutto ti è concesso, perché tutto quello che fai è perfetto.

La fiesta proseguì come la più classica fiesta bandido: enormi quantità di cibo e mezcal, risate rauche e millanterie bandido in continuazione, qualche scazzottata e, naturalmente, dei fuochi d’artificio improvvisati a base di colpi di mortaio e lanciarazzi.

Naturalmente.

Parlare di trama è inutile. C’è, per carità, e sta bene nella casellina del viaggio dell’eroe, con tanto di meta finale, aiutanti trovati per strada, stratagemmi. Ma non è quello il punto. Il punto è l’ode al caos, al pensiero magico, al pressapochismo. Preoccuparsi dei dettagli non è per niente quantico. Ci sono molte somiglianze con Paura e delirio a Las Vegas, ma là è la fiera dell’amarezza disillusa, mentre qui ci credono ancora, tantissimo, contro tutto e contro tutti. Daje.

*La citazione non è esatta, ma nello spirito approssimativo e caotico del libro ho preferito usare parole mie. Weisbecker approva, dice che è una vera mossa da recensore quantico.

Solite cose social:

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *