Ora, vostra eccellenza, non arrabbiatevi. Sono solo un povero allocco, indegno della tonaca che porto, e se vorrete punirmi accetterò con gioia la vostra decisione, ma ve l’ho detto che sarei stato sincero in questo racconto per cui non vi nascondo niente e vi tocca sorbire tutte le mie magagne. Beh, sentite qui: il lupo è saltato addosso all’eremita per sbranarlo, ma io mica l’avevo capito.
Ve l’ho detto, pensavo che l’eremita l’avesse addomesticato, il lupo, che fosse come il gran santo Francesco, e il lupo volesse fargli le feste. Sapete come fanno i cani quando torna il padrone, che se li lasci fare ti riempiono di baci e ti sperleccano tutto. Ecco, io pensavo che fosse quella roba lì, che giocassero, che magari il sior Bernardo si era fatto buttare per terra per rotolarsi un po’, perché con gli animali diventiamo tutti un po’ bambini. Poi ha cominciato a gridare, e lì ho capito.
Ed è andata ancora bene, che il lupo era saltato per mordergli la gola e se ce la faceva c’era da dirci addio all’eremita, al massimo potevo dargli l’unzione se arrivavo che respirava ancora. Ma per grazia del Signore o per bravura sua, il sior Bernardo aveva avuto la bella pensata di tirare su un braccio quando la bestia ha attaccato, e così il lupo ha finito per mordergli quello, e per il gran balzo sono finiti per terra, il sior Bernardo sotto, lungo lungo, e il lupo sopra, che ringhiava e mordeva e faceva dei versi da vera bestia, quale poi era.
Quando il sior Bernardo ha trovato il fiato per gridare e quando la mia mente asinina si è finalmente svegliata sono corso giù dal rudere della casetta, che ancora stavo lì in cima, e mi è anche andata bene che il lupo nella foga non mi ha visto e io ci ho potuto tirare un gran calcio proprio sotto la pancia, che sono arrivato correndo e correndo l’ho colpito, e l’ho spedito a fare un bel volo. La bestia è rotolata qualche braccio più in là e poi è subito scappata con la coda tra le gambe, almeno quello.
Io guardo in basso e vedo da vicino il sior Bernardo, che poi era l’eremita, ed era come ve l’ho descritto: nudo, con mantello e cappello e barba e tutto quanto. E, poverino, era anche tutto un graffio e tutto un sangue, che il lupo ci ha le zanne ma tiene anche le unghie e proprio si era dato del gran daffare per fare male al pover’uomo. E io mi sono sentito subito un gran peso sul cuore, perché se questo era l’eremita – e anche se ho una gran zucca l’avevo capito, ormai, che era proprio lui – allora io ero lì per custodirlo, e a vederlo tutto sanguinato e sbranato ho pensato di non essere un gran custode.
A quel punto lo aiuto come posso e provo a tirarlo su, ma lui non vuole farsi toccare, è ancora spaventato e confuso, poverino, ripete no, no, no, e si tiene le braccia addosso e si guarda attorno con gli occhi spiritati. E continua a fare quella cosa con la mascella, che la butta in fuori come per masticare qualcosa con i denti davanti, che ho pensato che fosse una sua mania, che qui in paese c’è un tale Giampietro che quando si agita strizza sempre gli occhi e scrolla la testa, che fa proprio ridere, e una volta l’abbiamo seguito per una settimana intera io e degli altri ragazzi e dovunque andava tiravamo dei sassi, dietro di lui e davanti a lui, ma senza farci vedere, che lui sentiva il rumore ma non capiva e ha cominciato a strizzare e scrollare così tanto che-
Sì, scusate. Dicevo dell’eremita, che digrignava i denti. Magari è una sua mania, ho pensato. E magari deve calmarsi. E infatti l’ho un po’ lasciato lì, e mi sono occupato del mangiare, che per fortuna non era tutto da buttare, e intanto lo tenevo sott’occhio, all’eremita, che non succedessero altri guai. E forse è stata la cosa giusta, perché piano piano si è rasserenato. È rimasto a terra, che è un peccato e i cristiani non devono strisciare nello sporco come i ratti, però si vedeva che era più calmo, si è proprio steso lungo lungo e ha cominciato ad allargare le braccia e a farle andare su e giù, come quando si nuota, avete presente? Era piatto piatto e teneva le braccia larghe e le faceva andare su sopra la sua testa, ma sempre a terra, fino a far toccare i polsi e il dorso delle mani, e poi piano piano le tirava giù lungo i fianchi e poi ricominciava, come sbattere delle ali. E intanto guardava su, dritto sopra le nostre teste, le poche nuvole che passavano nel cielo azzurrissimo. E rideva.
Ha cominciato piano piano, quando si è calmato. Io intanto avevo finito di preparare e mi stavo già sbafando la mia carne e anzi non sapevo bene se dovevo preparare anche per lui o dargli un po’ della mia o che, io comunque sono lì e lo guardo e vedo che piano piano si tranquillizza, gli passa la paura del lupo e muove le braccia e proprio sembrava come se nuotava, e guardava il cielo e si è messo piano piano prima a sorridere, poi proprio a ridere, lì com’era, in terra e pieno di sangue, degli scoppi di risate che mi hanno anche messo allegria, che si sentiva che gli venivano dal cuore. E lì ricordo che ho pensato che dovevo starci attento, all’eremita, e fare una buona guardia, che era un buon uomo. E che forse, non so, dico io, ma forse con gli angeli ci parlava davvero.
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