Ho appena finito di leggere: “Il guardiano degli innocenti“, “La spada del destino” e “Il sangue degli elfi“, in rapida successione e senza tirare il fiato. Dunque.
Come prima cosa diciamo che sto parlando delle storie di Geralt di Rivia. Se vado sulla pagina di wikipedia trovo questo ritratto qui:
OK.
Alura, per chi non lo conoscesse: è il classico, classico, STRACLASSICO eroe fantasy. Bello, forte, figo, non sbaglia mai, ha una morale adamantina tutta sua che all’inizio lo fa sembrare uno stronzo ma-poi-si-capisce-che-aveva-ragione, e ha dei difetti fisici che in realtà lo rendono ancora più figo, tipo che ha questa chioma di capelli bianchi. O gli occhi con la pupilla verticale. “Oddio sono un mostro”, e tutte le tipelle dietro, a sbavare.
A livello di caratterizzazione del personaggio, è un classico. Ho detto classico? Volevo dire fotocopia. C’è già un altro personaggio, molto simile, creato da Michael Moorcock: Elric di Melniboné.
E perché dico che i due personaggi si assomigliano? Vediamo, forse perché:
- entrambi sono albini, pallidi, con gli occhi strani
- entrambi usano delle pozioni di erbe segretissime per menare più forte in battaglia
- entrambi sono (almeno un po’) antieroi
- entrambi sono spadaccini fighissimi
- entrambi hanno un amore combattuto con una tipa DAI CAPELLI NERI
- entrambi usano la magia
- entrambi hanno come soprannome LUPO BIANCO, mannaggialcristo
Prima comparsa di Elric di Melniboné: The dreaming city, novella del 1962
Prima comparsa di Geralt di Rivia: La spada del destino, raccolta di racconti del 1992
Trent’anni tondi.
Va bene, va bene. Andiamo avanti. Come sono ste cose che ho letto? I primi due titoli (La spada del destino e Il guardiano degli innocenti) sono raccolte di racconti brevi, leggeri, che si lasciano leggere. Cioè, appena iniziati mi è venuto fortissimo in mente quel famoso grafico di XKCD:
Che è tutto un florilegio di kikimora, strigi, zeugl, vodyanoy e altre parole improbabili. Tutti nomi di mostri in verità, e poi in effetti piano piano si incontrano un po’ tutti, quindi diciamo che è solo un mezzo peccato: vengono rovesciati addosso al lettore tutti assieme, che è male, ma in effetti sono mostri strani che hanno tutto il diritto di avere un nome loro, che è bene.
Le storie nelle raccolte di racconti seguono lo schema:
- Geralt arriva in un posto
- i locali lo trattano a pesci in faccia perché è uno strigo (un cacciatore di mostri)
- ma c’è un mostro che fa casini!
- in gran segreto uno dei notabili locali assolda Geralt per uccidere il mostro
- Geralt uccide il mostro
- il notabile di cui sopra cerca di fregare Geralt
- ma tanto Geralt è figo e in qualche modo se la cava
- I VERI MOSTRI SONO LE PERSONE. FINE.
E vabbuò. Non fanno cagare, eh, ci tengo a dirlo. Sono leggeri e si lasciano leggere, alcune trovate sono oggettivamente interessanti e non ho mai fatto fatica a proseguire. Non è alta letteratura, ecco.
Queste due raccolte di racconti fanno da preludio alla trilogia di romanzi. Diciamo che stabiliscono la cornice, i personaggi principali e le regole del gioco. Poi inizia il primo romanzo della trilogia: Il sangue degli elfi. Che per la prima metà è noioso.
È noioso perché si vede che il salto da “racconto di venti pagine pieno d’azione” a “vicenda lunga dove si menano poco e si sviluppano i personaggi” non è facile. Diciamo che ci mette un po’ a carburare. Poi degli spunti interessanti vengono fuori, eh. Addirittura spunti politici: c’è tutto un discorso sull’immigrazione, e sulla contrapposizione tra fedeltà alla propria nazione e fedeltà alla propria gente (che peraltro, Sapkowski è polacco, e il tema “immigrazione” è piuttosto caldo ora come ora nella sua madre patria – chissà se viene sfruttato da questo o quel partito politico).
L’ultima parte del libro è… boh. Intanto sembra un po’ appiccicata. La progressione è: GERALT, GERALT, GERALT, GERALT, CIRI, CIRI. Cioè, a un certo punto Geralt, grande protagonista, fin qui perno di tutte le vicende e assoluto mattatore, ecco, Geralt svanisce di scena. MO TI PARLIAMO DI STA RAGAZZINA CIRI OK?
Ok.
Però Ciri è interessante. O, almeno: ha le potenzialità per essere interessante. Infatti l’altro tema che attraversa il romanzo è la genitorialità: Geralt [SPOILER1] e però [SPOILER2] Ciri. Il loro rapporto non è abbastanza conflittuale per i miei gusti però, oh, c’è del potenziale. Bisogna vedere dove va a parare nei libri #2 e #3, che non ho letto.
La qualità della scrittura è difficile da giudicare perché si passa attraverso la traduzione dal polacco. So che a un certo punto ho incontrato una similitudine fuori luogo (qualcosa tipo “tizio procedeva come uno schiacciasassi”) e ho pensato: no, ma che roba brutta, anacronistico e mi fa saltare la sospensione d’incredulità. Fatto sta che dopo un po’ trovo due personaggi che si insultano e uno grida all’altro “mezza cartuccia!”
Ecco, quell’insulto lì, mezza cartuccia, l’ha inventato Mussolini durante il ventennio. Ora, non conosco abbastanza il polacco, ma secondo me nel testo originale non c’era. E quindi ce l’ha messa il traduttore. Con questo genere di, come dire, scelte stilistiche, non posso proprio dire niente sulla qualità della scrittura.
La mia impressione è che di saghe fantasy ce ne siano in giro di migliori dal punto di vista letterario. Però questa ha fatto fortuna con i videogiochi, e poi ora con la serie netflix, e comunque ci sono arrivato in fondo con molta meno fatica di, chessò, I giardini della Luna. Quindi… yay?
Ma sì. Yay.
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[Il pezzo è finito, qui sotto solo spoiler]
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SPOILER1: Geralt non può avere figli, in quanto strigo, ovvero cacciatore di mostri, ovvero supersoldato che ha subito delle mutazioni che lo rendono sovrumano.
SPOILER2: Ciri è una regazzina che in qualche modo lui si ritrova sul groppone. All’inizio fa un po’ l’orso, poi cerca di togliersela dai piedi e la manda in collegio, poi va FULL MAMA BEAR e comincia a tagliare teste pur di proteggerla.