Questo posto è una fabbrica di corde per strangolare. I materiali più richiesti sono l’acciaio, i polimeri di nylon, e la sempre attuale canapa, anche se le opzioni sono centinaia: cotone, budello di gatto, gomma, crine di cavallo, nanotubi di carbonio, tentacoli di medusa (seccati e intrecciati) e praticamente ogni tipo di lega metallica che si lasci modellare in filamenti. Ma il settore ricerca e sviluppo di questo posto, più che sui materiali, sperimenta sulle visioni che la corda dona alla vittima, mentre la strangola.
“La chimica coinvolta è piuttosto complicata” mi spiega Tremonio, baffetti nervosi, capelli tirati e lucidissimi, nasone accentuato dalla grande magrezza. “È stata una scoperta fortuita, ed una benedizione: le vendite stavano stagnando, dopo che la precedente trovata commerciale – corde da strangolamento che lasciano sul collo della vittima un breve messaggio, il nome dell’amata o l’incitamento alla squadra preferita – si è rivelata un fallimento. Il vecchio direttore è arrivato nel mio laboratorio gridando e scalciando e ha incolpato il mio team di non aver fatto un buon lavoro – aveva ragione, per inciso: le scritte venivano sbavate, l’efficacia dello strangolamento calava di un buon 16%, ma con i fondi a disposizione mi pareva già un piccolo miracolo. Ma divago, mi stia a sentire: arriva il direttore e mi prende a male parole. Io incasso, non pare il caso di litigare, mi preme solo che non venga messa di mezzo la mia squadra. Ma il direttore è una furia, il consiglio di amministrazione gli morde il culo, se mi capisce, e sta cercando un capro espiatorio. Doveva anche avere bevuto, credo. Non so, non era così sanguigno. Ci accapigliamo. Una scena poco edificante, mi creda: provette rotte dappertutto, i componenti chimici che si mescolano e fanno scintille, il direttore era un omone sa, fatto sta che le prendo. Mi salta addosso, mi molla qualche ceffone che mi fa fischiare le orecchie, afferra un prototipo dal bancone e inizia a strangolarmi. Guardi qua” Tremonio mi mostra il collo, c’è una lievissima cicatrice, appena accennata, si intravede la scritta ‘Mery sei la mia vi’ sotto il pomo d’adamo. “Fatto sta che io comincio a boccheggiare, mi si appanna la vista, penso che sto lottando per la vita davvero, che il direttore è pazzo e mi ammazzerà, e allora, d’improvviso, arriva la visione. Adesso conosciamo le componenti chimiche coinvolte, alcuni dei pigmenti che usavamo per trattare i prototipi diventano estremamente volatili e passano la pelle facilmente, vanno in circolo. Ma lo sappiamo adesso, io all’epoca sapevo solo che ho iniziato ad allucinare. Mi sono trovato a volare nell’aria, tra le nuvole, su un paesaggio scarno di montagne altissime. Plano, mi rotolo, e so che devo andare da qualche parte, ma il viaggio mi piace molto e mi prendo il mio tempo, faccio le capriole, gioco con i venti, e però anche mi avvicino inesorabilmente alla mia meta, anche se un po’ controvoglia alla fine arrivo in vista: sulla cima di una di queste montagne c’è uno spiazzo e nello spiazzo c’è un assembramento, un gruppo di squinternati vestiti tutti uguale, tutti con delle maschere da corvo, che mettono in scena un teatro di qualche tipo, con un uno in mezzo che fa il morto. Mi avvicino a velocità supersonica volando e sono attirato da questa specie di canto un po’ mormorato, un po’ gracchiato, c’è come un senso di predeterminazione, accetto che quello sarà il mio destino, e sono un po’ triste ma anche pacifico, è in fondo l’ordine delle cose e va accettato, sono quasi arrivato e so che sta per succedere qualcosa di tragico ma anche di molto profondo e poi la visione smette. Vien fuori che uno dei miei assistenti ha sentito trambusto ed è venuto a salvarmi, ha fracassato uno sgabello in testa al direttore e ho potuto di nuovo respirare. E glielo confesso, in quel momento, solo per poco, un po’ mi è spiaciuto.” Qua fa una pausa, tastandosi il collo. “Comunque, questo è quanto. Da allora abbiamo messo a punto la formula, abbiamo fatto un po’ di prove, e funziona. Non capiamo proprio bene come, ma funziona. Però va usata così, strangolando sul serio. Se uno se la inietta non basta. Deve avere a che fare con l’ossigeno nel sangue, con l’adrenalina, con i battiti accelerati. Non lo sappiamo. Comunque il prodotto è quasi pronto, lo mettiamo in commercio il mese prossimo.”
“E le visioni sono sempre le stesse?”
“Ecco, questo è elemento importante. Sono sempre le stesse per la stessa persona. Io, le altre volte che ho provato, sono sempre tornato alle stesse montagne. Altri vedono altri paesaggi, altre creature, valli, foreste, profondità marine e città fantastiche. Ma la stessa persona tornerà sempre nello stesso posto.”
“Ed ha ritrovato gli uomini corvo?”
“No. Non li ho più trovati.” Poi aggiunge imbarazzato. “Non ancora, almeno.”
AZIONE CONSIGLIATA: annessione.
NOTA: mi sono fatto lasciare una delle corde allucinatorie, con la speranza di poter studiare meglio la connessione onirica che in qualche modo pare permettere il collegamento tra posti. Questa cosa non dovrebbe essere possibile. Una tecnologia così non c’è neanche nell’impero. Se confermato è un fatto gravissimo. Cft. ricognizione #16.
Tremonio mi ha avvisato che la corda si può usare quattro volte prima che perda efficacia.