Gli zoccoli d’ossi, il corpo fatato,
non corro, non canto, mi sono adattato,
e so cambiar pelle se fuori di casa:
non scherzi e ruggiti, ma tabula rasa,
un uomo più mite presento alle genti
che trovano in me, sereni e contenti,
quel brutto colore che già li corrode.
So finger mestizia e amor per le mode
e niente tradisce il mio esser straniero,
ho solo bisogno di un calmo pensiero
e poi finalmente l’inganno è completo
mi costa fatica, ma vivo più lieto
che tanto son tanti, e pure balordi:
più non canterò per branchi di sordi!
E solo la sera, tra sterpi o tra mura
esplodo di grande ed infame bruttura
gli zoccoli d’ossi, il corpo barbuto,
la coda vivace, il capo cornuto
io torno con gioia a far quello che sono
e scordo le colpe, e scordo il perdono
e scordo perfino poi come mi chiamo
sognando, muggendo, prendendo per mano
la ghianda nascosta qui sotto il mio sterno
m’aggrappo a me stesso e non temo inverno.
[Sleeping Satyr by Giulia Caruso]