“Ecco qua!” Il mago aveva un fagotto in mano, qualcosa di piccolo avvolto in un panno di lana. “Scusa se ci ho messo un po’, ma la cantina è veramente un disastro. Comunque, dovrebbe essere quello che cerchi.” Andammo al tavolo della cucina, spostando i piatti sporchi e i ritagli di giornale per farci un po’ di posto. Ero raggiante, ovvio, ma avevo anche un sasso in gola. Era la mia prima vera occasione per sfondare.
“Il libro delle fobie, grimorio antico e potente, disponibile solo per le prime cento telefonate.” Il mago aprì il fagotto e me ne mostrò il contenuto.
“Non… non è esattamente…”
“Come te lo aspettavi?”
“Non sembra così antico.”
“La magia si adatta ai tempi che corrono, se non lo sai sei un dilettante. Aprilo.”
Era vero.
Mi scivolava tra le dita come se non volesse farsi toccare, come dicono facciano sempre gli oggetti di potere, infastiditi da tutto. Era vero.
Toccai gli aghi e venni punto ai lobi delle orecchie, toccai il mare e mi bagnai i gomiti. Era roba forte.
“Allora, che ne pensi?”
Provai a mantenermi impassibile. “Penso che faccia al caso mio. Penso proprio che faccia al caso mio.” Non mi riuscì proprio bene.
“Tocca le scritte rosse.”
Guardai il mago: dietro al naso storto, dietro alla faccia ingrassata e floscia, dietro all’aspetto da professore stanco, ecco, dietro a tutto questo i suoi occhi non erano malvagi. Un po’ rincretiniti, forse, ma non malvagi.
Toccai una scritta rossa. Diceva OCTOPHOBIA.
AAAAA AAAAAAA AA AA AA AA AAAAAAA AAAAAAA AA AA AA AA AAAAAAA AAAAAAAAAAAH!
Caddi dalla sedia. Tremavo. Ringraziavo iddio di non aver perso due dita, che se avessi perso due dita me ne sarei staccato un altro, lì, subito, a morsi, senza pensare. Avevo davanti agli occhi la caviglia bianca del mago. Se ci fossero state altre due persone nella stanza qualcuno avrebbe perso un occhio. Il mago indossava una pantofola sfondata. Una volta al mese viene il giorno del terrore, nessun posto dove scappare e ventiquattro ore di puro, esasperato sudore. Il mago si chinò su di me e mi aiutò a rialzarmi.
Mi servì un minuto intero per riprendermi. Ero inerme e se lui avesse voluto farmi del male non avrei potuto difendermi. Un fottuto professionista.
In qualche modo tornai al tavolo. Il mago sogghignava, la botta mi stava passando e il mio fiato sapeva d’ammoniaca.
“È roba forte. Col tempo l’effetto perde potenza, ma per i primi cinquanta, sessanta usi è roba forte.”
“Ho sentito.”
“Non hai sentito niente. La mia casa è schermata. La sicurezza prima di tutto eccetera.”
“Lo prendo.”
Dieci minuti più tardi stavo uscendo dall’appartamento del mago, il fagotto sottobraccio nuovamente avvolto nella coperta macchiata. L’affare era stellare, avrei rivenduto le dosi e decuplicato, centuplicato i guadagni. Il mago non aveva idea del valore commerciale di un oggetto magico del genere.
“Certo che ce l’ho.”
“Ehi! Stai fuori dalla mia testa!”
“È un gioco pericoloso e tu eri distratto. E sì, so che vale una piccola fortuna, molto più degli spicci che me lo hai pagato tu.”
“E allora non capisco proprio.”
“Troppo rischioso. I circensi non vogliono che questa roba circoli. Appena si diffonderà la voce ti saranno addosso come mosche su, beh, su quello dove di solito le mosche si posano.”
“E quindi, come mi consigli di procedere?”
“Io l’ho tenuto in cantina per trentun anni prima di trovare un pollo a cui lasciarlo. Con tutto il rispetto, temo che tu debba chiedere consigli a qualcun altro.”
E mi spinse fuori dalla porta.
—FIN
The Book of Fears è di Giulia, e si propone in quattro comode puntate: Book 1, Book 2, Book 3, Book 4